Perchè oggi si parla tanto del ruolo della governance nella sostenibilità e perchè il Codice per la Corporate Governance, principale riferimento di best practice anche per le aziende anche non quotate,  identifica il “successo sostenibile” come una priorità dell’organo amministrativo per la creazione di valore nel lungo termine?

Il prioritario obiettivo della massimizzazione del valore per gli azionisti viene integrato con un importante “ascolto” anche degli interessi degli altri  stakeholder rilevanti per la società. Di fatto la governance per il tramite del consiglio di amministrazione, luogo nel quale si prendono le decisioni più importanti per lo sviluppo dell’azienda, nel definire la natura e il livello di rischio  compatibile con gli obiettivi strategici della società, deve  includere nelle proprie valutazioni l’ascolto  dei principali portatori di interesse e tutti gli elementi che possono assumere rilievo ai fini del “successo sostenibile”[1]

In questo nuovo contesto, sotto il profilo della governance, della definizione delle strategie della società e delle decisioni da intraprendere,  dovranno  sempre più essere disponibili le migliori competenze, la discussione degli organi di amministrazione e controllo dovrà essere di elevata qualità così come i flussi informativi  dovranno essere congruenti alle necessità di conoscenza e approfondimento per la corretta presa di decisioni.

Per l’impresa non si tratta di una semplice innovazione organizzativa, ma di un vero proprio cambiamento culturale e di paradigma. Il nuovo Codice per la Corporate Governance indica infatti la sostenibilità come l’obiettivo che deve guidare il Consiglio di Amministrazione e, in questo contesto, il piano industriale, nel quale sono definiti gli obiettivi strategici dell’impresa e le azioni da compiere per raggiungere tali obiettivi, in coerenza con i livelli di esposizione al rischio prescelto, deve promuovere lo sviluppo della sostenibilità della società.

[1] Raccomandazione , lett. C del  Codice di Corporate Governance

Ma cosa si intendente per sostenibilità di lungo termine e quali sono gli strumenti che l’azienda ha a disposizione per il raggiungimento di tale obiettivo?

“Soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli delle generazioni future” è la  principale definizione di sviluppo sostenibile, oggi obiettivo globale di aziende, istituzioni e consumatori. In questo contesto l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, attraverso i 17 Goals di Sviluppo Sostenibile ha posto le basi  per la definizione di un nuovo modello di società, secondo criteri di maggiore responsabilità in termini sociali, ambientali ed economici, finalizzati ad evitare il collasso dell’ecosistema terrestre.

Sulla spinta degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDG) e i successivi sviluppi normativi dell’Unione Europea e della finanza che stanno giocando un ruolo fondamentale per lo sviluppo di una cultura della Sostenibilità e della Transizione Ecologica,  le aziende stanno assumendo una serie di impegni orientati alla gestione degli impatti derivanti dal cambiamento climatico,  all‘eliminazione di forme di disuguaglianza, alla garanzia di condizioni di lavoro dignitose in salute e sicurezza, al rispetto della parità di genere, alla limitazione dell‘uso di risorse inquinanti, al risparmio dell‘acqua utilizzata nella produzione e al migliore sfruttamento di fonti di energia rinnovabili e soprattutto hanno cominciato a mettere i propri clienti, dipendenti e fornitori  al centro di quelle relazioni che insieme costruiscono valore.

Se inizialmente le iniziative delle aziende a favore della sostenibilità non andavano oltre la gestione del rischio e la riduzione della “carbon footprint” nelle proprie attività, la sostenibilità, come evidenziato anche dai risultati dell’applicazione della DNF (vedi ricerca continuativa NedCommunity, KPMG) ha cominciato ad analizzare l‘impatto ambientale, sociale ed economico di ogni prodotto o servizio che sempre più è  considerato con riferimento all’ intero ciclo di vita, includendo sia gli aspetti economici che la catena del valore. Su quest’ultimo punto , la pandemia di COVID-19 ha successivamente generato diversi cambiamenti e una logica di maggiore collaborazione fra le aziende e i propri fornitori soprattutto ai fini di una maggiore condivisione di obiettivi, strategie e utilizzo della digitalizzazione nei processi di sourcing e procurement anche per contrastare gli effetti di improvvise interruzioni delle filiere, in ottica globale di responsabilità verso il nostro pianeta.

Il Codice di Corporate Governance peraltro va oltre tali obiettivi e nell’assegnare alla governance il compito  promuovere “nelle forme più opportune, il dialogo con gli azionisti e gli altri stakeholder rilevanti per la società”[1] individua nello “stakeholder engagement” una possibile modalità di gestione.

Lo “stakeholder engagement” come la classificazione degli stakeholder (spesso un esercizio che apre molte opportunità e nuove visioni del contesto aziendale), il calcolo della loro rilevanza nonché la rilevazione e la misurazione oggettiva delle loro istanze, assume una importanza strategica, non solo ai fini della costruzione di Bilanci di sostenibilità e Rendicontazioni non finanziare  ma anche  e soprattutto per una pianificazione più accurata dei temi materiali a supporto di piani di lungo termine integrati con i piani strategici a medio e corto raggio. E’ infatti evidente l’importanza di una correlazione delle strategie di breve con quelle di lungo in una logica anche di engagement con i propri investitori e di revisione delle politiche di remunerazione.

La Politica di Engagement con gli investitori è diventato un’ulteriore importante strumento che ha l’obiettivo di facilitare l’interazione tra la società e gli azionisti, con l’obiettivo di rafforzare lo scambio di opinioni e punti di vista differenti e promuovere un maggiore allineamento tra le parti, definendo ex ante i temi su cui l’azienda intende confrontarsi con i propri azionisti.

Le nuove politiche di remunerazione dal conto loro hanno invece l’obiettivo di coinvolgere il management nella gestione delle diverse complessità e sofisticazioni legate all’integrazione dei diversi obiettivi di breve e lungo termine ma anche di tenerlo costantemente ingaggiato nel dialogo con i diversi stakeholder per la creazione di maggior valore alle diverse fonti di capitale, integrando la sostenibilità nella pianificazione strategica, nei processi aziendali, nella misurazione dei risultati. Al riguardo lo stesso Codice inserisce  un ulteriore principio [2] che, seguendo l’assunto per il quale un soggetto si comporta sulla base di come viene misurato, formalizza la remunerazione degli amministratori e del top management come strumento funzionale al perseguimento dell’obiettivo di successo sostenibile.

Ed è proprio la misurazione, per concludere, la chiave del successo. La misurazione dell’impatto dell’attività dell’impresa sull’ambiente, la società e gli stakeholder, oltre a essere una necessità per rendere concreti i temi intangibili, è fondamentale per gestirli. Il rischio più rilevante, del Green washing, non è scongiurato, ma se la sostenibilità diventerà  “cultura d’azienda incidendo sulle persone e i loro comportamenti grazie anche alla forza e autorevolezza del consiglio di amministrazione”, il successo sostenibile potrà essere massimizzato. La conseguenza  è che gli aspetti  meramente finanziari  non sono più sufficienti per la valutazione olistica dell’impresa e le performance delle imprese dovranno essere sempre più valutate in base a criteri ESG. Un modello in cui assumono rilevanza gli strumenti di comunicazione integrata al fine di condividere monitorare e comunicare gli obiettivi di sostenibilità perseguiti dalle società.

[1] Art. 1, principio 5 del Codice di Corporate governance
[2] Art. 5, principio 15 del Codice di Corporate governance